Tutto ciò ha fatto serpeggiare già nei lettori antichi e perfino negli amici di Petrarca il sospetto che Laura non esistesse affatto. Boccaccio, per esempio, nella biografia latina del poeta, se ne dichiara convinto. Possediamo tuttavia una lettera (scritta nel 1335-1336 e rimaneggiata all’inizio degli anni cinquanta) in cui Petrarca protesta vivacemente contro un analogo dubbio avanzato dall’amico Giacomo Colonna.
E’ evidente che per il poeta era cruciale, nella vita, dimostrare la reale esistenza della donna per sostenere la credibilità della storia d’amore raccontata nel testo letterario.
Laura compare nel Canzoniere sotto varie maschere, che trapassano l’una nell’altra in modo non sempre fluido.
Ne deriva che il rapporto d’amore si configura come una lunga guerra (26, 8) senza pace né triegua (57, 9), in cui la donna è nemica (76, 3; 88, 13) dell’amante; gli aggettivi che le spettano hanno spesso una connotazione negativa (aspra et superba; aspra et cruda; spietata) o contraddittoria (dolce et acerba; bella et cruda).
Se le punte estreme di tale atteggiamento sono destinate a scomparire, scalzate dalla nuova veste “stilnovistica” assunta dalla protagonista nel corso del Canzoniere, duratura sarà invece la veste mitologica che Petrarca associa a questa “maschera”, cioè l’identificazione fra Laura e Dafne. Un simile abbinamento coinvolge, infatti, il tema della poesia (i poeti eccellenti vengono appunto incoronati con le fronde dell’albero sacro ad Apollo) e Petrarca lo sfrutta ampiamente lungo tutto il macrotesto, anche nelle “rime in morte” (es. sonetto 337).
Nella figura di Laura s’intrecciano, dunque, il discorso sull’amore, quello sulla poesia, quello sulla gloria, oltre al culto per la classicità.
Inoltre, il nesso Laura-lauro è funzionale anche ad un’altra strategia, quella che mira a “legare” il macrotesto attraverso il continuo ricorrere di elementi fra loro coerenti: dalla sostanza fonica del nome di Laura si dipartono infatti molte trame di suoni e di parole che si rincorrono per l’intero Canzoniere e lo pervadono, sicché il nome dell’amata finisce per riecheggiarvi in modo incessante (es. incipit di 246: “L’aura che ‘l verde lauro et l’aureo crine”).
Come si è anticipato, la maschera “petrosa” è la prima a comparire nel testo, ma presto le si affianca (fino a sostituirla) una Laura dai tratti diversi e più positivi: i primi accenni si trovano nella canzone 37, che propone il ritratto fisico, intellettuale e morale della protagonista (il bel guardo sereno; l’alto intellecto; in lei alberga Honestate et Cortesia); in questa stessa canzone si allude per la prima volta all’essenza sovrannaturale di Laura (benigna angelica salute).
Infatti, dalla canzone 70 in poi (almeno fino alla sestina 142), Laura assume prevalentemente lo statuto di creatura perfetta, celeste.
Siamo di fronte a una donna-angelo costruita con tessere del repertorio stilnovistico, in funzione di un mutato atteggiamento da parte dell’innamorato, ora ansioso di sollevarsi verso una dimensione spirituale dell’amore perché travagliato da una crisi morale.
Dell’ostinato negarsi dell’amore da parte di Laura viene data ora una nuova lettura: non si è trattato di freddezza, di indifferenza, ma di un comportamento altamente virtuoso; anche Laura infatti era ferita in mezzo ‘l core (88; 123), ma ha saputo resistere.
CXXXIII
Amor m'à posto come segno a strale,
come al sol neve, come cera al foco,
et come nebbia al vento; et son già roco,
donna, mercè chiamando, et voi non cale.
Dagli occhi vostri uscìo 'l colpo mortale,
contra cui non mi val tempo né loco;
da voi sola procede, et parvi un gioco,
il sole e 'l foco e 'l vento ond'io son tale.
I pensier' son saette, e 'l viso un sole,
e 'l desir foco: e 'nseme con quest'arme
mi punge Amor, m'abbaglia et mi distrugge;
et l'angelico canto et le parole,
col dolce spirto ond'io non poso aitarme,
son l'aura inanzi a cui mia vita fugge.
La castità di lei ha salvato Francesco dal disordine della sensualità, del desiderio carnale (Un lauro mi difese allor = 142).
Tuttavia, nelle liriche successive alla 142, la linea di questo percorso ascensionale viene smarrita e Laura viene presentata con tratti contraddittori; proprio la coesistenza degli opposti è la cifra tematica più caratteristica di questa zona del macrotesto, in cui i tratti “petrosi” convivono a stretto contatto con quelli “stilnovisti”.
Una qualche coerenza del personaggio viene poi recuperata nella zona conclusiva della prima parte (“rime in vita”), con la serie compatta dei sonetti del “presentimento” (246-254) e, soprattutto, con gli ultimissimi pezzi (261-263), in cui si ribadisce che la castità è la caratteristica dominante dell’amata.
Con la morte (dalla lirica 267 in avanti), Laura paradossalmente acquista spessore: diventa un personaggio attivo e dinamico, che si assume l’incarico di guidare il protagonista verso il cielo. Dopo il terzo anniversario (278), infatti, Laura appare più volte in sogno al poeta e prende direttamente la parola per consolarlo e per guidarlo (279-286).
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