28 set 2007

LA DONNA "CORTESE"


L'amore cortese si impone come una forza assoluta, in quanto, estraneo al vincolo materiale del matrimonio, trova giustificazione in se stesso, rinuncia a ogni riconoscimento sociale ed è pronto a sfidare la presenza di un terzo (il marito della donna). La suprema intensità di questo amore accompagna il cavaliere come un bene totale, lontano da qualunque compromesso con la normalità quotidiana; e, come nel caso di Tristano e Isotta, l'amore trova nella morte la sua apoteosi, l'affermazione della sua assolutezza e della sua impossibilità. Il modello dell'amore cortese ha esercitato un fascino notevole nella storia della cultura e dell'immaginario occidentale; molti secoli dopo lo ritroviamo nelle forme dell'amore romantico.




La sua affermazione nella letteratura romanza non era solo frutto di un'invenzione letteraria, ma derivava da una modificazione profonda dell'esperienza amorosa e della sessualità. Nel mondo laico feudale si afferma una nuova immagine della femminilità: alla comunicazione con la donna-signora si attribuisce un valore superiore, una nobiltà assoluta; il rapporto con la donna amata va oltre il puro desiderio di possesso fisico, ma aspira a diventare un “valore”. La fedeltà a questo valore implica però una distinzione tra gli amanti in grado di viverla fino in fondo e il resto della società; anzi l'amore cortese si pone completamente al di fuori delle regole sociali. Per questo non può coincidere con quello matrimoniale (come teorizzato da Andrea Cappellano nel suo trattato De Amore), deve darsi in situazioni proibite, impossibili, rivolgersi a donne legate a un altro uomo.

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