Nella cultura greca, la maggior parte delle donne conduceva una vita “interna”, privata, famigliare, per lo più chiusa nelle quattro mura domestiche.
Dopo il matrimonio, l’unico avvenimento pubblico della loro vita, le donne greche diventavano socialmente “invisibili”: non potevano prendere parte alla vita politica, né fare sport (tranne che a Sparta), né assistere agli spettacoli. Insomma, costrette a lavorare all’interno delle mura domestiche, non potevano partecipare ad alcuna delle attività per cui la civiltà greca è passata alla storia.
Le donne romane, invece, conducevano un’esistenza in parte diversa, che oggi diremmo “più libera”. Nei primi secoli della repubblica anche la donna romana era sotto la potestà assoluta del pater familias, così come i beni, gli schiavi e i figli. In epoca augustea (fine I secolo a.C.), però, questa situazione di totale indipendenza venne modificandosi: alla donna fu riconosciuta una libertà più ampia, sicuramente maggiore di quella concessale nell’ambito di altre civiltà. Nei tempi antichi, per esempio, solo il marito poteva ripudiare la moglie, mentre più tardi anche alla donna venne riconosciuto il diritto di intentare una causa di divorzio; inoltre, la dote che riceveva al momento del matrimonio anche in caso di divorzio rimaneva sua e ciò le conferiva una certa autonomia.
Questa autonomia non era certo sufficiente a emancipare la donna romana dal suo ruolo tradizionale di “regina del focolare” (e, infatti, la sua vita trascorreva prevalentemente dentro le mura domestiche), ma bastava per farle godere di alcune attività precluse alla donna greca: lo sport, per esempio, ma anche la vita culturale (teatro, filosofia, diritto) e religiosa. Fu quel che avveniva nei baccanali, manifestazioni religiose in onore del dio greco Dioniso (che i romani chiamavano Bacco). Durante questi riti, piccoli gruppi d’iniziati, uomini ma soprattutto donne, si abbandonavano a canti e danze sfrenate, durante le quali cadevano in una specie di trance ipnotica che consentiva loro un contatto diretto con la divinità. Anche questa era una forma estrema e molto discussa di liberazione femminile.
[ascolta il brano "Le donne di Atene" di E.Finardi]
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