20 set 2007

LA DONNA VISTA DAI CHIERICI

L’immagine negativa della donna, vista come causa di tentazione, fu elaborata, per tutto l’Alto Medioevo ed anche oltre, fino al XIII secolo, da monaci e sacerdoti che, costretti dal loro ruolo a vivere lontani e separati dalle donne, le avvertirono come presenza oscura e pericolosa, fonte di peccato.
Jacques Delarun
[1] illustra chiaramente la condizione in cui matura quest’idea:

Ancora una volta dobbiamo partire dagli uomini, da coloro che, in quest’epoca feudale, detengono il monopolio del sapere e della scrittura, i chieirici; e soprattutto dai più eruditi tra loro, i più influenti, i più prolissi. Monaci o prelati secolari, essi hanno il dovere di pensare l’umanità, la società e la Chiesa, di dar loro un orientamento verso la salvezza, di assegnare anche alle donne un posto in questa economia divina. I secondi devono andare ancora più oltre, concepire una missione pastorale che indichi a tutto il gregge la via di una possibile perfezione, o almeno di un perfezionamento costante perseguito con tutti i mezzi.
Tutto però, soprattutto prima del XIII secolo, li allontana dalle donne, ritirati come essi sono dentro l’universo maschile dei chiostri e degli scriptoria, delle scuole e poi delle facoltà di teologia, nelle comunità dei canonici dove, a partire dall’XI secolo, anche i chierici […] tentavano la pura vita dei monaci.
[…] Separati dalle donne da un celibato esteso rigorosamente a tutti a partire dall’XI secolo, i chierici ignorano tutto delle donne.
Se le immaginano, o piuttosto se La immaginano; si rappresentano la Donna, da lontano, nell’estraneità e nel timore, come un’essenza particolare anche se profondamente contraddittoria.

Nel XIII secolo la piena affermazione della vita cittadina e la nascita degli ordini mendicanti, francescani e domenicani, la donna non fu più vista soltanto come strumento del peccato, o lei stessa peccatrice, ma venne accettata attraverso un ruolo positivo, quello di madre.
La madre per eccellenza è Maria, colei che è stata scelta per il figlio di Dio: si affermò così il culto della Madonna ad opera dei monaci cistercensi prima, poi, soprattutto, dei francescani e domenicani. I mistici come S. Bernardo di Chiaravalle, i grandi filosofi come S. Bonaventura, Giovanni Duns Scoto, Alberto Magno e Tommaso d’Aquitania, ne furono i più illustri artefici.
Così lo storico francese Jacques Delarun ci presenta l’affermazione del culto di Maria:

E’ l’epoca trionfante della sua devozione, da Chartres ad Amiens, la sua splendida estate. I canti più appassionati delle sue lodi vengono dall’ambiente monastico, e soprattutto dai Cistercensi nella scia del dottor mellifluo, Bernardo di Chiaravalle.
[…] A partire dall’inizio del XIII secolo, i Mendicanti, i Francescani soprattutto, prendono saldamente il primato. È nella tensione verso la Vergine che la mistica medievale prende lo slancio: pietà filiale, più che mai pietà di figlio. Forse meno concentrazione sulla verginità: la donna trionfa in quanto madre.
Le facoltà di teologia sono la sede per eccellenza della speculazione e della elaborazione dogmatica.
[…] Tuttavia essa si fa più vicina all’umanità – lo si coglie meglio che altrove nell’iconografia – per mezzo delle sue carezze di umile donna al popolo del Figlio adorato, ma più ancora nell’intensità del suo lutto. Il Duecento, il Trecento e il Quattrocento risuonano dei lamenti degli autori più mistici sulla Vergine Addolorata, colei che raccoglie il figlio ai piedi della croce e lo mette nella tomba: il francescano Corrado di Sassonia, gli spirituali Jacopone da Todi e Ubertino da Casale, l’osservante Bernardino da Siena… La pittura e la scultura, che rifioriscono, ne diventano lo sfolgorante teatro.



[1] J. Delarun, La donna vista dai chierici, in Storia delle donne, Duby-Perrot, Bari, 1990

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