L’immagine negativa della donna, vista come causa di tentazione, fu elaborata, per tutto l’Alto Medioevo ed anche oltre, fino al XIII secolo, da monaci e sacerdoti che, costretti dal loro ruolo a vivere lontani e separati dalle donne, le avvertirono come presenza oscura e pericolosa, fonte di peccato.
Jacques Delarun[1] illustra chiaramente la condizione in cui matura quest’idea:
Ancora una volta dobbiamo partire dagli uomini, da coloro che, in quest’epoca feudale, detengono il monopolio del sapere e della scrittura, i chieirici; e soprattutto dai più eruditi tra loro, i più influenti, i più prolissi. Monaci o prelati secolari, essi hanno il dovere di pensare l’umanità, la società e la Chiesa, di dar loro un orientamento verso la salvezza, di assegnare anche alle donne un posto in questa economia divina. I secondi devono andare ancora più oltre, concepire una missione pastorale che indichi a tutto il gregge la via di una possibile perfezione, o almeno di un perfezionamento costante perseguito con tutti i mezzi.
Tutto però, soprattutto prima del XIII secolo, li allontana dalle donne, ritirati come essi sono dentro l’universo maschile dei chiostri e degli scriptoria, delle scuole e poi delle facoltà di teologia, nelle comunità dei canonici dove, a partire dall’XI secolo, anche i chierici […] tentavano la pura vita dei monaci.
[…] Separati dalle donne da un celibato esteso rigorosamente a tutti a partire dall’XI secolo, i chierici ignorano tutto delle donne.
Se le immaginano, o piuttosto se La immaginano; si rappresentano la Donna, da lontano, nell’estraneità e nel timore, come un’essenza particolare anche se profondamente contraddittoria.
Nel XIII secolo la piena affermazione della vita cittadina e la nascita degli ordini mendicanti, francescani e domenicani, la donna non fu più vista soltanto come strumento del peccato, o lei stessa peccatrice, ma venne accettata attraverso un ruolo positivo, quello di madre.
La madre per eccellenza è Maria, colei che è stata scelta per il figlio di Dio: si affermò così il culto della Madonna ad opera dei monaci cistercensi prima, poi, soprattutto, dei francescani e domenicani. I mistici come S. Bernardo di Chiaravalle, i grandi filosofi come S. Bonaventura, Giovanni Duns Scoto, Alberto Magno e Tommaso d’Aquitania, ne furono i più illustri artefici.
Così lo storico francese Jacques Delarun ci presenta l’affermazione del culto di Maria:
E’ l’epoca trionfante della sua devozione, da Chartres ad Amiens, la sua splendida estate. I canti più appassionati delle sue lodi vengono dall’ambiente monastico, e soprattutto dai Cistercensi nella scia del dottor mellifluo, Bernardo di Chiaravalle.
[…] A partire dall’inizio del XIII secolo, i Mendicanti, i Francescani soprattutto, prendono saldamente il primato. È nella tensione verso la Vergine che la mistica medievale prende lo slancio: pietà filiale, più che mai pietà di figlio. Forse meno concentrazione sulla verginità: la donna trionfa in quanto madre.
Le facoltà di teologia sono la sede per eccellenza della speculazione e della elaborazione dogmatica.
[…] Tuttavia essa si fa più vicina all’umanità – lo si coglie meglio che altrove nell’iconografia – per mezzo delle sue carezze di umile donna al popolo del Figlio adorato, ma più ancora nell’intensità del suo lutto. Il Duecento, il Trecento e il Quattrocento risuonano dei lamenti degli autori più mistici sulla Vergine Addolorata, colei che raccoglie il figlio ai piedi della croce e lo mette nella tomba: il francescano Corrado di Sassonia, gli spirituali Jacopone da Todi e Ubertino da Casale, l’osservante Bernardino da Siena… La pittura e la scultura, che rifioriscono, ne diventano lo sfolgorante teatro.
[1] J. Delarun, La donna vista dai chierici, in Storia delle donne, Duby-Perrot, Bari, 1990
20 set 2007
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