1 ott 2007

ALCUNE INDICAZIONI DIDATTICHE...

Il nostro blog si propone di affrontare diversi aspetti legati alla figura della donna in epoca medioevale; in modo particolare, ci soffermiamo non soltanto sugli aspetti propriamente storici e sociali, ma anche sul ruolo della donna nella produzione letteraria e artistica di quel periodo.
La scelta del titolo deriva proprio da questo: la donna, da strega nella storia, diventa angelo nella poesia e nella rappresentazione pittorica.
Essendo il Medioevo un periodo storico preso in esame nel corso del II anno di studi di un istituto secondario di II grado, rivolgiamo prevalentemente la nostra attenzione agli allievi che frequentano tali classi. Attraverso la "navigazione" e la riflessione guidata, sarà per loro possibile operare confronti fra diversi ambiti disciplinari (storia, italiano, arte), riuscendo a conquistare una visione sufficientemente ampia della tematica trattata.
Per stimolare questo cammino nel modo più autonomo possibile, si è deciso di proporre una breve bibliografia (con testi riconducibili a tipologie differenti dal punto di vista stilistico e tematico) e una interessante filmografia: in questo modo gli allievi, in base ai loro interessi personali, potranno decidere di ampliare la loro conoscenza.
Per lo stesso scopo, ogni testo è stato corredato da numerosi link, che lo studente potrà sfruttare per approfondire gli aspetti che l'hanno maggiormente interessato.

In un primo momento si chiederà alla classe di riflettere sulla "Vita delle donne nel Medioevo", soffermandosi su alcuni aspetti:
- la moda
- il lavoro
- la donna vista dai chierici
- il ruolo sociale della donna e la sua educazione
- il ritratto di una grande donna: Giovanna d'Arco

Si chiederà agli allievi di elaborare alcune osservazioni relative a particolari elementi, da noi suggeriti.
Per quanto riguarda la scheda sulla moda, si invitano i ragazzi a confrontare l'abbigliamento tipico dell'epoca medioevale con quello di altre epoche da loro conosciute; più in generale, si chiederà loro di stabilire un ampio confronto fra la condizione della donna nel Medioevo e la condizione della donna in epoca greco-romana.
Per quanto riguarda, invece, la figura di Giovanna d'Arco (da leggersi in parallelo assieme al brano dedicato alle "Streghe"), gli studenti saranno guidati a riflettere sul seguente quesito: possiamo considerare Giovanna d'Arco una strega? Per quale motivo?
L'unione di testo scritto, testo iconografico e contributo musicale favorirà una modalità di apprendimento interattiva e dinamica.

In un secondo momento, si inviterà la classe a considerare con attenzione la figura della donna proposta dalla letteratura: da una parte saranno proposti alcuni brevi testi relativi alla letteratura cortese, dall'altra si esaminano le figure femminili presenti nelle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio.
Dopo aver letto le liriche proposte, si chiederà ai ragazzi di rilevare le differenze significative che connotano la presenza femminile nella produzione di ciascun autore, avvalendosi dei seguenti punti guida:
- Nella descrizione della donna amata, si privilegia l'aspetto fisico o quello spirituale?
- L'amore per la donna è vissuto in modo tormentato?
- Quali sono gli effetti che l'amata ha nella vita del poeta?
- La donna ricambia l'amore?
- Quali temi, tipici delle correnti letterarie del Medioevo, sono presenti nei componimenti?

Per rispondere a queste domande gli allievi dovranno riportare alcuni versi significativi, imparando così a lavorare sul testo.

Si è scelto poi di aggiungere al quadro letterario uno spunto relativo alle figure delle "trobairiz";
Le "poesie delle donne", tuttavia, non sono corredate di analisi e commento per invitare gli studenti a riflettere e a trarre delle proprie conclusioni che saranno, in seguito, oggetto di confronto in classe.
Sotto l'etichetta "Le trobairitz" è posto il brano relativo a Compiuta Donzella, poetessa fiorentina che non può essere annoverata tra le trobadore ma che, in questo caso, è posta tra le poetesse provenzali come contraltare italiano.

Inoltre, una sezione del blog è dedicata ad un'analisi di tipo artistico.
Le immagini proposte non sono solamente relative al periodo medioevale, ma abbracciano un arco temporale più ampio, fino ad arrivare alla prima metà del Novecento.
Data la vastità delle informazioni fornite, si chiederà ai ragazzi di operare autonomamente una sintesi e di creare una mappa concettuale.
Sarà poi possibile avviare un lavoro interdisciplinare in cui si prendano in esame parallelamente le "Stanze" di Poliziano e "La primavera" di Botticelli.

Per completare il quadro si è deciso di proporre alcune schede biografiche sulla figura di alcune sante vissute nel Medioevo: S. Chiara, S. Rita e S. Caterina.

Al termine dell'intero lavoro gli allievi dovranno avere acquisito una maggiore dimestichezza con gli strumenti offerti dalla "rete", contribuendo con spunti e suggerimenti all'ampliamento dello stesso blog.






LA RAPPRESENTAZIONE DELLA DONNA NELL'ARTE

La figura femminile è sempre stata oggetto di rappresentazione nelle arti figurative, ricoprendo di volta in volta una veste simbolica diversa. Il modo di rappresentarla e il ruolo simbolico da essa svolto sono cambiati nel corso dei secoli, di pari passo con l’evoluzione delle tecniche artistiche e degli stili, con il variare del gusto estetico e, elemento non meno importante, con il diverso modo di concepire il ruolo della donna nella società.
Fin dagli albori della civiltà la figura femminile, quindi, è stata protagonista della storia umana: gli archeologi hanno rinvenuto numerose sculture di divinità femminili, attribuite all'organizzazione delle tribù di stampo patriarcale, dell'era paleolitica.
Presso molte antiche civiltà la donna era il perno della società, era depositaria del principio della vita, della fecondità e, come tale veniva rappresentata.La statuetta in basso, raffigurante una dea madre presso alcune civiltà anatoliche (e risalente al primo calcolitico) è certamente un chiaro esempio di quanto appena detto. La tecnica esecutiva non è certo ancora giunta a perfezione: la figura si presenta molto tozza e quasi abbozzata, ma è evidente la simbologia che riveste. Questa sorta di Magna Mater ante litteram, “morbidamente” seduta, non è altro che personificazione di fecondità, abbondanza, fertilità.






La mitologia greca, invece, conferisce alla donna-dea una dimensione irraggiungibile: pensiamo, per esempio, alle composte rappresentazioni statuarie, risalenti al V secolo A. C.
Mentre la mitologia romana la rende più "umana" e meno potente rispetto alle divinità maschili, ma non per questo il culto della Magna Mater prima, e di Cerere e Cibele poi, assume meno importanza...
Facendo un bel salto dall’epoca romana al Medioevo, possiamo notare come sia diverso il modo di rappresentare la donna. E’ nota la concezione teocentrica tipica di questo periodo; essa investe ogni ambito di vita e quindi anche l’arte, che è espressione di quest’ultima. L’arte medievale presenta quasi sempre soggetti sacri. Soggetto sacro per eccellenza sono le madonne che si presentano composte, dolci ed eleganti, come nel caso di Simone Martini (figura in basso a sinistra); o ricche di umanità e di tratti quasi umani quelle di Giotto (figura in basso a destra)). Allora, come possiamo definire donne viste dagli artisti di quest’epoca?Streghe o angeli?Indubbiamente angeli, all’unisono con i poeti e i letterati del periodo.

Anche nel corso dei secoli successivi al Trecento di Giotto e di Simone Martini, appena citati, la rappresentazione della figura femminile si articola attraverso soggetti prevalentemente sacri, sebbene a fianco di essi possiamo annoverare soggetti di argomento mitologico (dall’avvento dell’Umanesimo in poi, molti artisti dipingono o scolpiscono soggetti di questo genere: tra loro, per esempio, ricordiamo Sandro Botticelli; Raffaello, Michelangelo; Tiziano; Bernini; Canova ecc.) e sempre più spesso anche soggetti tratti dalla vita reale.
In particolare in pittura, dal Seicento in poi, è Caravaggio ad introdurre protagoniste/i della vita reale nei suoi dipinti: famosissima è la sua “Morte della Vergine” ( figura sottostante) la cui protagonista è raffigurata riversa sul letto di morte, in una posa che certo non si addiceva al tema trattato e che all’epoca suscitò scandalo, perché il pittore aveva dipinto la vergine a piedi nudi. Si diceva addirittura che avesse utilizzato come “modella“ il cadavere di una donna annegata (un particolare, quest’ultimo, che si desume dai piedi e dallo stomaco gonfi della giovane donna), introducendo così l’umile realtà di tutti i giorni in pittura.





In realtà, si può affermare che la figura femminile , nonostante i diversi stili e il diverso gusto estetico, sia stata sempre rappresentata con fattezze angeliche e delicate. Proprio per questo motivo, alla domanda “Donne nel Medioevo: streghe o angeli?” non possiamo che rispondere “Angeli”!
A dire il vero, paradossalmente, e in modo particolare in pittura, la donna viene rappresentata come “strega” soltanto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando molti artisti esprimono la loro inquietudine e il loro disagio nei confronti della donna che viene vista come femme fatale, colei che divora e sottomette totalmente l’uomo, e come tale la rappresentano sulla tela.
Ecco (figura al centro) come Edward Munch, nel 1894-95, raffigurava in modo del tutto nuovo e personale la “Madonna”, comunicando la propria sofferenza e il proprio terrore.



La stessa sofferenza e lo stesso terrore possiamo trovarli in molti altri artisti. Sarebbe impossibile elencarli tutti e proprio per questo motivo è necessario fare una piccola selezione, che tuttavia sarà sufficiente, a mio avviso, a rendere chiaro quanto sostenuto!
Potremmo cominciare con “La sposa nel vento” (1914) di Oscar Kokoschka.



Continuare con “L’irosa” (1910), di Egon Schiele (figura in alto al centro)
per finire con la “Giuditta 1”(1901)
di Gustav Klimt (figura in basso al centro)


La donna "stilnovistica"



Il “Dolce Stil Novo” non è una “scuola”, ma un insieme di esperienze diverse e tuttavia convergenti, che mettono capo a una nuova poesia d'amore, che taglia i legami con lo sperimentalismo della lirica cortese municipale.
Come viene cantata la donna? A differenza della “signora” delle corti e dei castelli provenzali, la donna dello “stil novo” appare improvvisamente in qualche angolo della città. Il rapporto amoroso è fatto di fuggevoli incontri ed emozioni che si collocano in un contesto urbano. Questi incontri-apparizioni producono effetti sconvolgenti sul poeta, che vede arrestarsi tutte le sue facoltà fisiche e psichiche.


Gli effetti dell'amore vengono considerati come conseguenza del movimento di sostanze incorporee. Queste entità aeree, dotate di una loro autonomia e chiamate spiriti, si spostano e si modificano influendo sulle facoltà dell'anima individuale, e sono altresì in grado di cambiare sede, allontanandosi dall'individuo a cui appartengono e seguendo, per proprio conto, l'immagine della donna di cui egli è innamorato. Rivelazione improvvisa, la donna “stilnovistica” non viene quasi mai raggiunta.
La donna non è più descritta fisicamente e diventa eterea e spirituale: la donna è una sintesi degli ideali che il poeta vuole raggiungere, assume le virtù dell'angelo e come tale trasmette influssi spirituali all'uomo, ma deve esserci un cuore capace di riceverli.
Il sonetto di Guido Guinizzelli, che riportiamo di seguito, mostra alcuni temi tipici della lirica stilnovistica.



Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo
che fate quando v'encontro, m'ancide:
Amor m'assale e già non ha reguardo
s'elli face peccato over merzede,
ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo
ched oltre 'n parte lo taglia e divide;
parlar non posso, ché 'n pene io ardo
sì come quelli che sua morte vede.
Per li occhi passa come fa lo trono,
che fer' per la finestra de la torre
e ciò che dentro trova spezza e fende:
remagno como statua d'ottono,
ove vita né spirto non ricorre,
se non che la figura d'omo rende.


Lo sguardo della donna diventa veicolo di amore: il saluto e lo sguardo (le uniche forme di contatto tra la donna e il poeta) sono veicolo di saette d'amore che non possono che trafiggere il cuore del poeta. Egli non è più in sé, le forze lo abbandonano ed è condannato all'immobilità, come una statua in cui non c'è spirito vitale.
LA SCUOLA SICILIANA







La nuova lirica cortese in volgare italiano sorge intorno agli anni Trenta del XIII secolo in un ambiente di grande vivacità culturale,la corte di Federico II di Svevia. Gli autori sono funzionari del governo imperiale o personaggi comunque legati all'amministrazione del Regno meridionale. Essi decidono di trapiantare nel volgare di Sicilia i modelli della lirica cortese provenzale, depurata dai riferimenti alle vicende concrete, alla cronaca della vita cortigiana e a persone ben identificabili, riferimenti frequenti nella poesia provenzale. I poeti siciliani intendono dare alla loro poesia una funzione sociale: rispecchiare il valore e il prestigio della corte cui appartengono.
La poesia dei siciliani affronta il tema dell'amore soprattutto dal punto di vista feudale del rapporto d'amore e cerca di definire il suo carattere di comunicazione. Al centro c'è la donna, nobile signora e padrona, da servire con dedizione, ma non esprime mai quel pathos della distanza e dell'indecifrabilità della donna amata-signora che è invece tipico di alcuni poeti provenzali. Attenti indagatori del trasmettersi dell'amore, i poeti siciliani individuano nel vedere il tramite principale del rapporto con la donna; e intorno al vedere concentrano varie immagini e metafore.
Nel cantare il suo rapporto con la donna, il poeta mette alla prova e accresce il proprio valore; il suo servire l'amata, il suo impegnarsi nella fedeltà lo rende socialmente più degno.
Il primo e maggiore esponente della scuola siciliana è il notaio Giacomo Da Lentini (“il Notaro”), funzionario imperiale. Sottile sperimentatore, dotato di sapienza metrica e retorica, fu con ogni probabilità l'inventore della nuova forma del sonetto.


Io m'aggio posto in core a Dio servire,
com'io potesse gire in paradiso,
al santo loco, c'aggio audito dire,
o' si mantien sollazo, gioco e riso.
Sanza mia donna non vi voria gire,
quella c'à blonda testa e claro viso,
che sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.
Ma non lo dico a tale intendimento
perch'io pecato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento,
e lo bel viso e 'l morbido sguardare:
che·l mi teria in gran consolamento,
veggendo la mia donna in ghiora stare.

In questo sonetto la donna viene descritta secondo gli stilemi tipici della poesia provenzale: i capelli biondi, lo sguardo soave e il portamento elegante. Ma viene sviluppato anche il tema dell'impossibilità del poeta di essere felice persino in paradiso, se separato dalla contemplazione della sua donna. Anche qui, l'amore si nutre di se stesso. Il poeta, infatti, ribadisce che il suo attaccamento non deriva dal desiderio di possesso: egli sarebbe felice solo nel vedere la donna amata nella gloria del Paradiso.
Il fin'amors



Il modello dell'amore cortese caratterizza fortemente la poesia trobadorica (una poesia nata nelle corti della Provenza e della Francia meridionale tra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XIII). La soggettività del trovatore si esprime nel canto della joi, di una gioa determinata dal fin'amors, “amore perfetto”, e dalla volontà di esaltare la donna-signora, che spesso si identifica con la signora feudale, la principessa o la moglie del principe: verso di lei l'amante è nella posizione del vassallo, pronto a servire in modo assoluto e disinteressato. Anche quando la donna-signora è fisicamente vicina, la sua bellezza e il suo potere la rendono irraggiungibile. Il canto del poeta sottolinea il fascino di questa distanza.
Ogni gesto del poeta-amante è del resto minacciato dalle parole dei maldicenti, di quanti non sono in grado di riconoscere il valore del fin'amors e possono danneggiarlo o perfino escluderlo dalle grazie della donna. La passione provoca nel soggetto effetti contraddittori, che la poesia analizza sottilmente.




Tuttavia l'esperienza amorosa può essere rappresentata in modi differenti. Accanto alla donna-signora, fissata in gelide forme di cristallo, si alternano figure che emanano una prorompente sensualità. In alcuni testi l'amore è descritto con spregiudicato realismo, in modi allegramente libertini; in altri si affaccia un'aggressività minacciosa e distruttiva.
All'inizio del XIII secolo la poesia provenzale ebbe una crisi improvvisa, causata in primo luogo dalla Crociata contro gli Albigesi, che provocò grandi rivolgimenti in Provenza e causò la fine delle più importanti corti provenzali. Già nel XII secolo i modelli della lirica provenzale avevano avuto diffusione anche in Germania, con la poesia dei Minnesanger, “cantori della Minne”, cioè del pensiero d'amore.
Ci sono pervenuti testi di circa quattrocento trovatori, tra cui ricordiamo Bernart De Ventadorn, che nella seconda metà del XII secolo servì e corteggiò Eleonora d'Aquitania, poeta dalla vena facile e spontanea, che al canto amoroso unisce motivi autobiografici.

COMPIUTA DONZELLA

Compiuta[1] Donzella è lo pseudonimo di una poetessa fiorentina vissuta nel XIII secolo il cui nome rimane ancora un enigma storico. Si tratta, forse, della prima poetessa a scrivere versi in volgare italiano infatti ci sono pervenuti tre sonetti influenzati in parte dal gusto trobadorico e che risentono anche di un’ ispirazione petrarchesca.
Le sue eccellenti doti artistiche erano riconosciute ed esaltate al suo tempo come dimostrano gli espliciti riferimenti di Guittone d’Arezzo che nella quinta epistola scrive:


"Soprapiacente donna, di tutto compiuto savere, di pregio coronata, degna mia Donna Compiuta, Guitton, vero devotissimo fedel vostro, de quanto el vale e po’, umilmente se medesmo raccomanda voi";

mentre in un sonetto anonimo si allude alla fama di Compiuta come autrice di poesie, "...che di trobare avete dominanza"....

Delle sue opere sono state tradite solo tre sonetti in cui esprime dolore e sofferenza per le nozze, non volute, organizzate dal padre:


A LA STAGION CHE 'L MONDO FOGLIA E FIORA

A la stagion che 'l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tutti fin'amanti,
e vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;

la franca gente tutta s'inamora,
e di servir ciascun tragges'inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n'abondan marrimenti e pianti.

Ca lo mio padre m'ha messa 'n errore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,

ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e 'n gran tormento vivo a tutte l'ore;
però non mi ralegra fior né foglia.




LASCIAR VORRIA LO MONDO E DIO SERVIRE

Lasciar vorria lo mondo e Deo servire
e dipartirmi d'ogne vanitate,
però che vegio crescere e salire
matezza e villania e falsitate,

ed ancor senno e cortesia morire
e lo fin pregio e tutta bontade:
ond'io marito non voria né sire,
né stare al mondo, per mia volontate.

Membrandomi c'ogn'om di mal s'adorna,
di cischedun son forte disdegnosa,
e verso Dio la mia persona torna

Lo padre mio mi fa stare pensosa,
ca di servire a Cristo mi distorna:
non saccio a cui mi vol dar per isposa.



ORNATO DI GRAN PREGIO E DI VALENZA

Ornato di gran pregio e di valenza
e risplendente di loda adornata,
forte mi pregio piú, poi v'è in plagenza
d'avermi in vostro core rimembrata

ed invitate a mia poca possenza
per acontarvi, s'eo sono insegnata,
come voi dite, c'agio gran sapienza,
ma certo non ne sono amantata.

Amantata non son como voria
di gran vertute né di placimento;
ma, qual ch'i' sia, agio buono volere

di servire con buona cortesia
a ciascun ch'ama sanza fallimento:
ché d'Amor sono e vogliolo ubidire.




[1] Compiuta era un nome usuale nella Firenze del XIII secolo.